“I would venture to guess that Anon,
who wrote so many poems without signing them,
was often a woman.”
Virginia Woolf, A Room of One’s Own, 1929
Scrittori e scrittrici, lettori e lettrici sono legati indissolubilmente: nel bisogno di dare voce alle loro storie da una parte, nel bisogno di trovare in quelle parole un rifugio, un’evasione e una cura dall’altra. Spesso andiamo alla ricerca di storie affini, che ci somiglino e rappresentino. Non è (stato) sempre così scontato.
Oggi ripercorriamo la letteratura attraverso i libri e gli spunti di riflessione che ci ha suggerito Queerographies.
Queerographies è un blog (più le pagine social) che tiene traccia di come le sessualità non normate vengano raccontate nel nostro paese presentando, ogni giorno, le novità librarie a tematica LGBTQIA+. Arricchendosi nel tempo, il catalogo dei testi mappati è diventato un vero e proprio archivio digitale consultabile e interrogabile grazie a un funzionale repository.
Ideatore e curatore del progetto è Gian Pietro Leonardi, dottore di ricerca in letterature di lingua inglese e studioso indipendente di cultura letteraria LGBTQ. Tra le sue pubblicazioni: L’arte del desiderio. Omosessualità, letteratura, differenza (Il Mulino, 2016), l’introduzione a Mr Bennett e Mrs Brown di Virginia Woolf (Rogas, 2015), e con Francesco Gnerre, Noi e gli altri. Riflessioni sullo scrivere gay (Il dito e la luna, 2007). Insieme a Nadia Fusini e Valeria Gennero ha organizzato il convegno internazionale “L’arte del desiderio” (Firenze, 17 – 18 marzo 2011).
La nostra intervista a Gian Pietro che ringraziamo per la cortesia e la disponibilità.
Scorrendo le pagine di Queerographies abbiamo l’impressione di trovarci dentro una vera e propria biblioteca digitale che ci invita a “prendere un libro” tra le tante proposte editoriali consigliate. Come e quando nasce l’idea di creare un archivio dedicato alle pubblicazioni LGBTQIA+ in Italia? Motivi di studio, assenza, esigenza?
Queerographies nasce qualche anno fa con l’idea di offrire ai visitatori una vetrina virtuale sulle ultime uscite editoriali LGBTQIA+ in Italia. Da “sempre” le persone che non si riconoscono nella norma eterosessuale hanno cercato nei libri altre persone come loro, che vivessero le loro stesse esperienze e le stesse passioni, non avendo una “famiglia naturale” d’appartenenza in cui rispecchiarsi.
Nel corso dei secoli, alcuni libri e i loro autori/autrici sono diventati persino un correlativo oggettivo dell’omosessualità, basti pensare a quello che è successo con Oscar Wilde o Radclyffe Hall. Il mondo dell’editoria non ha mai del tutto raccolto questa esigenza, anzi in alcuni casi ha contribuito a disorientare i lettori e le lettrici, celando o cancellando l’omosessualità dai testi in nome di una presunta universalità della letteratura. Ora, però, finita anche la (breve) stagione delle case editrici specializzate, il mercato sembra stia cambiando e le pubblicazioni queer sono diventate essenziali in ogni catalogo che si rispetti.
Chi visita Queerographies trova un catalogo aggiornato quotidianamente e il più rappresentativo possibile delle comunità queer: una mappa attraverso la quale orientarsi e crearsi un percorso di lettura personalizzato, non mediato da giudizi o pregiudizi (ad esempio verso generi minori come i manga, il fantasy o i romance m/m, o verso libri pubblicati in proprio).
Nel corso degli anni Queerographies è diventato inoltre un archivio digitale utilissimo non solo per i lettori e le lettrici, ma anche per gli studiosi e le studiose di letterature LGBTQIA+ che nel sito trovano un repository per le loro ricerche.

Riuscire a definire i contorni della letteratura queer non è molto facile. Luca Starita, in Canone ambiguo. Della letteratura queer italiana (effequ, 2021), si è messo alla (ri)scoperta delle personalità più interessanti della storia della letteratura italiana, nel loro universo più intimo e celato, per provare a smascherarne i lungamente velati silenzi. Anche Tommaso Giartosio ha scomodato la tradizione per offrirne un’interpretazione controcorrente in Non aver mai finito di dire. Classici gay, letture queer (Quodlibet, 2017). È arrivato il momento di guardare la letteratura attraverso nuove lenti?
Hai ragione è davvero difficile dire cosa sia la letteratura queer, soprattutto negli ultimi tempi nei quali anche le istanze identitarie più militanti di alcuni scrittori sembrano essersi spente o almeno affievolite. Già qualche anno fa Francesco Gnerre ed io (in Noi e gli altri, 2007) avevamo fatto notare che qualcosa stava cambiando, stavamo entrando in una dimensione culturale “post-gay”.
Per molti scrittori e molte scrittrici l’essere queer non rappresentava più un problema su cui costruire una storia, anzi era un dato di fatto. Il superamento dell’identità come mito fondante della letteratura queer ha agito profondamente nell’immaginario collettivo, liberandola dal “ghetto” delle comunità d’appartenenza e aprendosi all’editoria mainstream. Non so se questo sia stato solo un bene, ma di sicuro ha permesso che molti più lettori e lettrici potessero avvicinarsi a questo modo di fare letteratura. E forse non è un caso se alcuni di quelli che vengono considerati o percepiti come classici della letteratura queer contemporanea (sto pensando ad esempio a Brokeback Mountain (1998) di Annie Proulx, Chiamami col tuo nome (2007) di André Aciman e Una vita come tante (2015) di Hanya Yanagihara) siano stati scritti da persone che non si identificano come gay.
Per ritornare alla tua domanda dunque, faccio nuovamente ricorso a Francesco Gnerre, pioniere degli studi letterari lgbt in Italia. Nel 2000, anno del Giubileo ma anche del primo World Gay Pride a Roma, Francesco Gnerre pubblicò L’eroe negato, un saggio importantissimo che indagava la presenza dell’omosessualità nella letteratura italiana del Novecento. Venti anni più tardi, il libro è stato ripubblicato in maniera ampliata e rivista con il titolo La biblioteca ritrovata(2020). Dalla negazione alla scoperta: proprio nella differenza di questi due titoli si può scorgere quanto sia cambiato il mondo e il modo di approcciarci alla scrittura delle persone non eterosessuali. Con questo non voglio dire che sia un percorso terminato e che non ci sia nulla da aggiungere, anzi. Il discorso di Luca Starita in qualche modo si inserisce nel solco tracciato da Francesco Gnerre, attualizzandone le domande e le istanze, mentre Tommaso Giartosio interroga il presunto canone lgbtq+ per osservare quanto questo possa incidere sul nostro presente, ma la sua analisi non si limita a questo e si fa più interessante quando applica il filtro queer alla letteratura, indagandola da una posizione d’eccezione.
L’anno scorso Franco Buffoni ha pubblicato Silvia è un anagramma (2020) che è un vero e proprio (e sacrosanto) atto d’accusa contro il “neutro accademico eterosessuale” invitando i lettori e le lettrici ad annoverare il fattore “o” (come omosessualità) nel novero delle possibilità di lettura della vita e dell’opera di Leopardi, Pascoli e Montale.
È arrivato dunque il momento di guardare la letteratura attraverso nuove lenti? Quel momento è sempre stato presente.

Sotto la forma di un ritratto autobiografico o servendosi della finzione narrativa la scrittura può diventare un’occasione di riflessione, di condivisione, di espressione libera del proprio io. Per chi legge significa ritrovarsi in quelle parole, immedesimarsi in quelle emozioni. Quanto è importante leggere per la propria crescita personale?
Nella lettura noi queer abbiamo sempre cercato uno spazio sicuro: un luogo dove riconoscerci, sentirci accolti e crescere. Non avendo un modello familiare di riferimento abbiamo problemi a identificarci in una norma che non sentiamo nostra. Così come fatichiamo a muoverci in ambienti a volte ostili come scuola o lavoro. Nella lettura possiamo sentirci finalmente a casa, trovare cittadinanza e non essere giudicati. Impariamo a leggere oltre il testo, codici e linguaggi nostri.
È vero che alcuni sentimenti sono universali, ma è altrettanto vero che alcune esperienze sono esclusive del mondo queer. Nessunǝ eterosessuale è chiamato a far coming out, si dà per scontato che lui, lei o loro lo siano. Molte volte il primo coming out lo facciamo proprio attraverso i libri, verso quel personaggio o quell’eroina che ci ha fatto prendere una cotta. Nei libri possiamo trovare conforto, cura e ascolto, cose che oggi si possono trovare anche nelle librerie specializzate: Nora Book & Coffee a Torino, Antigone a Milano, Igor a Bologna o Tuba a Roma, per fare qualche nome.
Recentemente la poeta scozzese Jackie Kay ha dichiarato che leggere Audre Lorde le ha permesso di scoprire che esistevano altre persone come lei, nere e lesbiche, anche all’interno dello stesso movimento omosessuale, tuttora ancora prevalentemente bianco e cisgender. La lettura è dunque il compimento di un duplice movimento, di conoscenza verso sé stessi e di scoperta di mondi diversi dal nostro.
Abbiamo immaginato uno scaffale dei libri suggeriti dagli amici di Bianco Critico, un consiglio di lettura da parte di Queerographies?
Il primo libro che mi è venuto in mente pensando al vostro nome è stato Autobiografia del rosso di Anne Carson, ripubblicato a fine 2020 da La nave di Teseo, con la traduzione di Sergio Claudio Perroni. Si tratta di un romanzo in versi che rilegge liberamente il mito greco di Gerione, il gigante a tre teste al quale Eracle deve sottrare la mandria di vacche rosse consacrate ad Apollo per completare la sua decima fatica. Nella rivisitazione moderna di Anne Carson, Gerione è un giovanissimo mostro rosso alato canadese abusato dal fratello maggiore. Ha quattordici anni quando incontra Eracle per la prima volta e se ne innamora. Anni dopo in Argentina i due si incontreranno di nuovo, ma questa volta Eracle è accompagnato dal suo nuovo amante Ancash.
Non racconto di più, ma vi invito a leggerlo se non lo avete ancora fatto. Lo stile di Anne Carson è così ricco e unico che non potrà non conquistarvi.

Dal martedì alla domenica su Bianco Critico proponiamo un brano di un libro accompagnato da un’opera d’arte, alternando rubriche tematiche (In Libreria, Classici, Illustrazioni, Contemporanei, Teatro, Poesia). E se immaginassimo un giorno con Queerographies?
Sceglierei questi versi della mia amatissima Adrienne Rich:
Il silenzio può essere un piano
rigorosamente eseguito
la cianografia di una vita
È una presenza
ha una storia // una forma
Non confonderlo
con alcun tipo di assenza
tratti da Cartografie del silenzio, tradotti da Maria Luisa Vezzali e ripubblicati in Italia da Crocetti nel 2020. A corredo ho scelto un’opera di Linder Sterling, She/She del 1981.

Linder Sterling, She/She, 1981, printed 2007, Tate, Londra © Linder
Per l’immagine in evidenza si ringrazia per la gentile concessione Gian Pietro Leonardi.
Maria Baffigi